Il mito di Amore e Psiche

Appuntamento al buio? Si, grazie. Sono gli incontri al buio l’elemento intrigante del mito tra Amore e Psiche. La storia è raccontata da Apuleio all'interno dell’opera “Le Metamorfosi”. Mito Psiche è una bellissima principessa, tanto bella da attirare l'invidia di Venere. La Dea gelosa della ragazza, invia suo figlio Eros perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro della terra, affinché Psiche sia coperta dalla vergogna di questa relazione. Ma Eros si innamora della fanciulla, e grazie a Zefiro, la trasporta al suo palazzo e la fa sua sposa, ma le impone di non cercare di conoscere la sua identità


Ogni notte Eros e Psiche bruciano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto. Una notte Psiche, spinta dalle sorelle invidiose, decide di vedere il volto del suo amante e con una lampada ad olio si avvicina ad Eros, una goccia cade dalla lampada e ustiona il suo sposo, il Dio tradito si allontana e Venere scaglia la sua punizione. Venere sottopone Psiche a diverse prove ma alla fine, logora nel corpo e nella mente, Psiche riceve l'aiuto di Giove. Spinto a compassione il Dio fa riunire gli amanti, Psiche diviene una Dea e sposa Eros. Amore e Psiche  ritrovano la felicità e dalla loro unione nasce una bambina, alla quale viene dato il nome di Voluttà.

Significato del mito

Psiche in greco vuol dire anima, respiro vitale, e quindi la storia di Psiche é anche quella dell'anima umana che deve affrontare terribili avversità per raggiungere la natura divina dell’uomo. In sintesi per alcuni il significato del mito è che la sola curiosità intellettuale senza cuore "brucia" la realtà, distrugge il collegamento cuore-mente, in questo caso per uscire dalla crisi occorre sottoporsi a un percorso di prove, di elaborazione, per sviluppare comprensione e  saggezza.

(Fonte: wikipedia)




Paolo e Francesca: una passione travolgente





"Amor, ch'a nullo amato amar perdona"

Il verso appartiene al primo intervento di Francesca nel Canto V della Divina Commedia di Dante Alighieri I due amanti (realmente esistiti) nella Divina Commedia di Dante rappresentano le principali anime condannate alla pena dell'inferno dantesco, nel cerchio dei lussuriosi.
In vita furono cognati (Francesca era sposata a Gianciotto, fratello di Paolo) e questo amore li condusse alla morte per mano del marito di lei. I due amanti leggevano il libro che spiegava l'amore tra Lancillotto e Ginevra, quando trovarono calore nel bacio tremante che si scambiano e che segna l'inizio della loro passione.

Francesca racconta a Dante che "Amore che subito accende i cuori gentili, infiammò questo mio compagno, invaghendolo della mia bella persona...e siccome l'amore esige che chi si sente amato riami, mi prese così fortemente l'amore per la bellezza di costui, che ancora non mi abbandona".

Ad una prima interpretazione del canto, Francesca non passa per "adultera" ma solo per "lussuriosa", cioè per una donna che ha ceduto alla passione. Ma allora perché metterla all'inferno?

In realtà per Dante la presenza di Francesca in quel girone non è semplicemente dovuta alla lussuria, ma alla sua correlazione con l'adulterio; anche se il matrimonio fu fatto per ragione d'interesse, come spesso succedeva tra le famiglie altolocate. Giovanni Boccaccio racconta che per ottenere l'approvazione della giovane al matrimonio con Gianciotto, questo sia avvenuto per procura e per un malinteso Francesca crede di dover sposare Paolo e non il fratello. E' da condannare Francesca?

Ai tempi nostri qualcuno potrebbe dire che Francesca non ha avuto la possibilità di scegliersi il marito, e l'Amore e la sorte hanno relegato lei e il suo amante tra i dannati che girano continuamente sospinti dal vento della passione.


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